Il marchio collettivo ha lo scopo di identificare una tipologia di prodotti che ha determinate caratteristiche.
Quando si parla di marchio in maniera generica, normalmente ci riferiamo al marchio individuale, cioè quello che identifica un brand o prodotti specifici di un brand.
Quando si parla di marchio collettivo il brand passa in secondo piano, e ciò che ciò che conta sono le caratteristiche del prodotto, come la composizione e la provenienza.
Marchio individuale e marchio collettivo adempiono quindi a funzioni diverse.
CONTENUTO DELL'ARTICOLO
Cosa significa marchio collettivo?
Il marchio collettivo è un segno distintivo che contraddistingue una tipologia di prodotti per caratteristiche specifiche di qualità, provenienza, composizione.
La disciplina del marchio è contenuta nel Codice di Proprietà Industriale, modificato recentemente per essere uniformato alle Direttive Europee.
Il marchio collettivo ha una funzione di garanzia: attesta che i prodotti che sono contrassegnati da quel segno distintivo hanno determinate caratteristiche.
Ci sono quindi grosse differenze rispetto al marchio individuale:
Non esiste un marchio collettivo di fatto. Esiste invece il marchio individuale di fatto.
Nel marchio collettivo il regolamento ha un ruolo fondamentale: è requisito per ottenere la registrazione. Non è solo una formalità, ma l’autorità predisposta alla registrazione (l’UIBM) ne verifica anche i contenuti. È causa di decadenza del marchio se non viene rispettato.
Il marchio collettivo non fa capo ad un brand, come invece succede per il marchio individuale, il cui scopo è proprio quello di identificare un’azienda.
Altra differenza rispetto al marchio individuale riguarda il requisito di capacità distintiva: come abbiamo visto nell’articolo relativo al marchio, il segno distintivo deve avere “capacità distintiva”, quindi sono escluse dalla registrazione del marchio le parole d’uso comune. Il marchio collettivo, in particolare quello geografico, invece può consistere anche in termini o segni di uso comune purché serva a identificare in maniera chiara la provenienza.
Chi può registrare il marchio collettivo?
Se titolare del marchio non è una singola impresa o persona, chi è abilitato alla registrazione?
La recente normativa, il d.lgs. 15/19 attuativo della Direttiva UE, ha introdotto novità sulla disciplina del marchio collettivo, modificando il Codice di Proprietà Industriale.
Il decreto è talmente innovativo da aver imposto una conversione dei marchi collettivi registrati precedentemente, entro la fine del 2020, pena la decadenza del marchio.
In base alla nuova disciplina possono registrare il marchio solo:
- Le persone giuridiche di diritto pubblico,
- Le associazioni di categoria di
- fabbricanti
- produttori
- prestatori di servizi o commercianti.
Sono escluse le spa, le srl e le società in accomandita semplice.
Quindi se sei un’impresa non puoi chiedere la registrazione del marchio collettivo. Puoi invece chiedere al titolare del marchio collettivo l’uso dello stesso.
Il marchio collettivo geografico ha una disciplina specifica: tutti i produttori della zona protetta hanno diritto ad avere il “bollino” sui propri prodotti, senza doverne fare specifica richiesta.
Il marchio collettivo a differenza del marchio individuale sarà utilizzato da una pluralità di soggetti, imprese, che ne fanno richiesta al titolare.
Il titolare del marchio geografico dal canto suo, oltre a dare in licenza il marchio per i prodotti conformi al regolamento, è obbligato ad applicare il principio della “porta aperta” che impone di accettare all’interno dell’associazione i produttori i cui prodotti sono conformi al regolamento.
Il marchio collettivo geografico: particolarità
Il marchio geografico è diverso dalla denominazione geografica tipica. La denominazione geografica tipica (dop, igp) deriva da provvedimenti nazionali o comunitari che hanno la ratio di dare un valore aggiunto a quei prodotti che provengono da zone che hanno una tradizione storica. Il marchio geografico rischia di privilegiare una zona rispetto alle zone vicine senza una motivazione specifica. Per questo ha una disciplina specifica:
- L’Ufficio Marchi e Brevetti può rifiutare la registrazione quando la scriminante territoriale non è giustificata
- I produttori della zona hanno diritto ad avere il marchio sui propri prodotti
- I produttori della zona hanno anche diritto ad entrare nell’associazione del titolare che deve appunto applicare il principio della “porta aperta” per legge.
Marchio collettivo e denominazione di origine protetta possono comunque convivere rispetto alla stessa zona.
L’importanza del regolamento marchio collettivo
Il regolamento d’uso marchio collettivo deve essere depositato insieme al marchio da registrare, o al massimo entro 2 mesi dalla richiesta di registrazione. Ogni modifica deve essere poi comunicata all’UIBM, pena la decadenza del titolare dal marchio.
Il regolamento è fondamentale perché definisce le caratteristiche che accomunano i prodotti a cui viene abbinato.
La legge definisce i contenuti obbligatori del documento: il regolamento deve prevedere “l’uso dei marchi collettivi, i controlli e le relative sanzioni”.
Per quanto riguarda questo documento l’UIBM non si limita a fare un controllo burocratico e formale in merito alla presenza di tutti gli elementi richiesti, ma fa anche una valutazione dell’idoneità dei controlli e delle sanzioni previsti circa la capacità effettiva di far rispettare i requisiti richiesti.
Requisiti della domanda di registrazione
Gli elementi che devono essere presenti nella domanda di registrazione sono:
- dati del richiedente e del mandatario se previsto
- eventuale indicazione della data di priorità rispetto a precedenti registrazioni europee o internazionali
- riproduzione del marchio
- elenco dei prodotti e servizi identificati dal marchio
- classi di Nizza
- regolamento d’uso del marchio
Come per il marchio individuale, la corretta identificazione delle classi di Nizza è fondamentale.
Ti riportiamo qui un esempio molto famoso:
L’UIBM ha rigettato la domanda di registrazione del marchio collettivo Aceto Balsamico di Modena nella classe di Nizza numero 30, perché pur rientrando l’aceto nella suddetta classe, l’aceto balsamico di Modena non ne rispetta le caratteristiche. Quindi la domanda è stata rigettata e la Corte di Cassazione ha avallato la decisione dell’Ufficio Marchi e Brevetti.
Il ruolo del titolare del marchio collettivo è diverso rispetto al ruolo del titolare del marchio individuale:
- il titolare del marchio collettivo geografico è tenuto a concedere il segno distintivo a tutti i produttori della zona, e ad applicare il principio della porta aperta
- il titolare del marchio collettivo ha un obbligo di vigilanza attivo rispetto ai detentori del marchio: il titolare deve fare i controlli e applicare le sanzioni per assicurare che i prodotti a cui il marchio è associato rispettino le caratteristiche elencate nel regolamento. Nel marchio individuale si parlerebbe di rischio di volgarizzazione del marchio, cioè la perdita di capacità distintiva. Se nel marchio individuale la volgarizzazione è uno svantaggio per il brand, nel marchio collettivo la volgarizzazione porta alla decadenza del marchio. La ratio è tutelare i consumatori che abbinano il marchio alla garanzia della presenza di determinate caratteristiche.
Quali sono i vantaggi del marchio collettivo?
La normativa del 2019 che allinea la legislazione nazionale alla normativa comunitaria è estremamente innovativa rispetto alla funzione del marchio collettivo: una funzione di garanzia di qualità rispetto ai consumatori.
Da un lato questa normativa rafforza la tutela del marchio collettivo, estendendo il concetto di marchio “simile” che come tale non è idoneo alla registrazione. Basta una leggera similitudine fra il nuovo marchio e quello già registrato, che scatta la tutela anche se il nuovo marchio non ancora registrato è utilizzato per prodotti non attinenti a quello del marchio collettivo, quindi non c’è rischio di confusione.
Parametro di valutazione non è solo il prodotto ma anche la comunicazione che ruota attorno al prodotto.
Sappiamo quanto sia importante la comunicazione affinché un marchio acquisisca la forza di un brand. Però è la prima volta che il marketing viene preso in considerazione dalla legge come parametro che definisce le caratteristiche del marchio stesso ampliandole.
Se da un lato la tutela si estende, dall’altro si rafforzano anche le responsabilità del titolare del marchio attraverso l’obbligo dei controlli e sanzioni. Il marchio decade se l’obbligo non viene rispettato. Quindi il titolare del marchio ha un forte diritto-dovere di vigilanza sull’utilizzo del marchio.
Il marchio collettivo non può essere dato in licensing a chiunque, ma può essere abbinato solo a prodotti che hanno le caratteristiche che quel marchio identifica.
Perché una “sanzione” così alta rispetto alla mancanza dei controlli?
Proprio per la ratio del marchio collettivo: garantire determinate caratteristiche al consumatore.
Il marchio individuale non ha questa caratteristica, tant’è che spesso le aziende fanno un rebranding radicale mantenendo il marchio originario (vedi ad esempio la Codak che è passata dalle macchine fotografiche agli apparecchi acustici).
Quindi al di là dei requisiti burocratici per la registrazione, marchio individuale e marchio collettivo hanno due funzioni diverse.
Differenza marchio collettivo e di certificazione
Il d.lgs. 15/2019 ha introdotto il marchio di certificazione, inserendo un nuovo articolo nel Codice di Proprietà Industriale.
Questo marchio ha la funzione di certificare, ossia garantire, le caratteristiche di qualità di determinati prodotti. Per questa ragione i soggetti legittimati a richiedere il marchio non possono essere i produttori della merce per cui è richiesto, anzi devono essere in posizione assolutamente neutra e distaccata.
Possono richiedere il marchio di certificazione:
- persone fisiche
- persone giuridiche
- organismi accreditati
- istituzioni e autorità
purché non abbiano nulla a che fare con i prodotti che certificano, né direttamente né indirettamente.
La differenza sostanziale fra marchio di certificazione e marchio collettivo riguarda i soggetti legittimati alla registrazione: i soggetti che non sono costituiti in forma associativa, o lo sono ma non aderiscono al principio della “porta aperta”, non possono registrare il marchio collettivo ma possono registrare il marchio di certificazione.
Alcuni esempi di marchio collettivo:
Pura Lana vergine
Made in Italy 100%
Vetro di Murano
Conclusioni marchio collettivo
Abbiamo 3 tipi di marchi:
- collettivo
- di certificazione
- individuale
Nei confronti dei consumatori tutti i marchi hanno un ruolo di garanzia circa la presenza di determinate caratteristiche. Infatti il consumatore quando sceglie un brand è perché si fida. Che sia la presenza di determinati requisiti, o la capacità comunicativa, il termine marchio è sempre collegato ad un sentimento di fiducia.
La grossa differenza in termini burocratici fra il marchio individuale, il marchio collettivo e quello di certificazione, è che per gli ultimi 2 è obbligatoria la presenza del regolamento come parte integrante del marchio stesso.
Poi come abbiamo detto più volte, la tutela del marchio non finisce con la registrazione. A maggior ragione con il marchio collettivo il cui non utilizzo corretto implica la decadenza dal marchio stesso.
Non è obbligatoria la presenza di un legale per la registrazione del marchio collettivo, ma dopo tutto quello che abbiamo visto va da sé che se non sei un avvocato specializzato in marchi in quest’ambito difficilmente redigerai un regolamento che non sia a rischio di rigetto da parte dell’UIBM.
Quindi se hai in mente di registrare un marchio collettivo rivolgiti a Legal for Digital specializzato in proprietà intellettuale: ti seguiremo dall’analisi di fattibilità, fino all’iter di registrazione e nel business successivo alla registrazione stessa.