Spesso, si è portati a credere che quello che viene postato sui social non abbia alcun valore legale. In realtà ciò che costituisce reato di diffamazione off-line, costituisce diffamazione anche on-line. Per questo, dovresti prestare attenzione alle parole che usi se non vuoi incorrere nel rischio di vederti querelato per diffamazione su Facebook.
Con la diffusione dei social network, ed in particolar modo di Facebook in qualità di principale piattaforma di condivisione ed interazione, si è amplificata la libertà di espressione delle persone, sia a livello quantitativo che qualitativo.
Ma anche alla comunicazione on-line si applica l’art. 595 codice penale e si integra il reato di diffamazione mezzo Facebook.
CONTENUTO DELL'ARTICOLO
I presupposti della diffamazione Facebook
La diffamazione su Facebook può verificarsi in due modi:
- Diffamazione Facebook attraverso la pubblicazione di post su pagine aziendali o gruppi chiusi, per scrivere sui quali è fondamentale il consenso dell’amministratore della community;
- Diffamazione Facebook mediante la pubblicazione di commenti, post o contenuti su pagine e spazi su cui l’utente non ha la possibilità di scegliere i propri interlocutori.
Per comprendere la ratio della questione, bisogna comunque fare un passo inserto e comprendere cosa significhi giuridicamente il termine diffamazione. La diffamazione è la lesione dell’altrui reputazione. Pertanto, non basta insultare pubblicamente qualcuno affinché si rientri nella fattispecie punibile penalmente. Tutt’al più l’insulto può rientrare nella fattispecie dell’ingiuria, che si identifica con l’offesa “volontariamente e intenzionalmente arrecata” e che integra a sua volta una fattispecie di reato (oramai depenalizzata).
I presupposti per la realizzazione del reato informatico di diffamazione su Facebook sono:
- Il contenuto del post consente l’individuazione precisa del destinatario dei contenuti lesivi, anche laddove non sia citato il nome;
- La comunicazione di detti contenuti viene fatta a più persone e la sua diffusione è incontrollata;
- Il contenuto deve essere tale da far percepire la volontà di utilizzare espressioni idonee a recare offesa all’onore e alla reputazione dell’individuo;
- L’assenza del soggetto offeso al momento del compimento del reato.
L’uso di frasi ritenute diffamatorie su uno strumento accessibile a chiunque come un social network rende visibili le stesse ad una cerchia potenzialmente infinita di persone, generando una lesione il concetto di privacy ad ampio spettro.
Per stabilire se vi è stato o meno reato di diffamazione tramite Facebook e per individuarne la precisa portata, è necessario analizzare il contenuto e la forma dell’offesa arrecata.
Per confermarne la valenza lesiva, inoltre, ogni messaggio va contestualizzato, ovvero rapportato al contesto spazio-temporale in cui è stato scritto, tenendo conto anche delle circostanze professionali o familiari in cui si colloca.
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La diffamazione Facebook senza nome
Il reato di diffamazione via Facebook non richiede come requisito la presenza di dolo specifico, ma è sufficiente una semplice frase lesiva della reputazione del destinatario delle offese, anche senza l’inclusione del nome di quest’ultimo. Pertanto, anche la diffamazione Facebook senza nome è reato. Ovviamente, il destinatario delle offese deve essere facile da associare ad un soggetto o a un gruppo preciso di soggetti.
La riferibilità soggettiva del messaggio diffamatorio può essere desunta anche da circostanze pregresse chiare, quali rapporti lavorativi burrascosi o separazioni. Ne consegue che anche l’assenza del nome dell’offeso, sostituita dall’uso di espressioni o qualifiche inequivocabilmente riferibili ad esso, può essere sufficiente a integrare il reato de quo. Questo purché le frasi lesive vengano correlate dalla precisa volontà che le stesse vengano a conoscenza di almeno due persone.
L’altro elemento determinante per Facebook diffamazione è la correlazione tra il commento incriminato e l’autore.
Negli anni, la giurisprudenza ha sottolineato la necessità di una prova chiara ed incontestabile, disponendo l’annullamento di sentenze in cui i commenti non potevano essere correlati in maniera univoca ai presunti autori. In linea di massima, i giudici italiani tendono a ricollegare il messaggio al soggetto in base ai dati di registrazione, a patto che questi siano individuabili.
Nel caso in cui venga utilizzato un profilo falso, la Polizia Postale e i consulenti informatici nominati dal giudice possono risalire all’autore del reato, chiedendo a Facebook di accedere al server utilizzato dalla pagina per recuperare l’indirizzo IP usato dall’autore del post incriminato.
Le sentenze sul reato di diffamazione a mezzo Facebook
Il reato di diffamazione tramite Facebook non è solo una teoria. Ci sono già state sentenze di condanna in merito:
- Sentenza del tribunale di Bologna, emessa nel 2019: stabilisce che la diffamazione Facebook costituisce un’ipotesi aggravata, proprio a causa del mezzo che ne potenzia la diffusione e la velocità con cui viene diffusa;
- La stessa Corte di Cassazione nel 2017 ha confermato che la diffamazione Facebook costituisce una fattispecie aggravata
Si può dire che l’indirizzo della giurisprudenza è unanime nel considerare l’offesa a mezzo Facebook una fattispecie di diffamazione con in più l’aggravante del comma 3 dell’art. 595 c.p..
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Il risarcimento in caso di diffamazione su Facebook
Che peso hanno i social network nelle relazioni interpersonali? Quanta importanza assumono la brand reputation o la reputazione personale su Internet? Tali domande finalmente hanno avuto una risposta, soprattutto nell’ottica del risarcimento del danno.
Fino ad ora non è stato possibile stabilire una soglia minima e massima entro la quale possa configurarsi il risarcimento danni per diffamazione su Facebook, esistendo soltanto un rinvio alla competenza del giudice per la valutazione dell’importo in base ai dati e alle prove in suo possesso.
Dal 2018, però, l’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano ha previsto l’aggiornamento dei valori di liquidazione del danno non patrimoniale alla persona in sede civile, comprendendo anche il reato di diffamazione e prevedendo massimi e minimi affinché il giudice possa modulare la liquidazione. L’Osservatorio ha pertanto stabilito dei parametri in base alla gravità della diffamazione fino ai casi di eccezionale gravità.
Tra i parametri presi in considerazione troviamo:
- la limitata o meno notorietà del diffamante;
- la limitata o meno diffusione del mezzo diffamatorio;
- l’assenza o meno della risonanza mediatica;
- l’intervento riparatorio o meno del diffamante.
Le pene comminate per diffamazione Facebook
Chi pubblica frasi offensive o denigratorie atte a ledere l’altrui dignità rischia la reclusione fino a un anno o una multa fino a 1.032 euro.
In caso di diffamazione a mezzo internet -e, cioè, in caso di utilizzo di un mezzo informatico come Facebook o altri social network- è prevista l’aggravante con una reclusione fino a tre anni. Questo per quanto riguarda l’azione penale che non esclude l’azione civile per il risarcimento del danno.
Perché e come sporgere denuncia per diffamazione online?
Se sei stato vittima di diffamazione a mezzo Facebook o un altro social network, hai prima di tutto la possibilità di difenderti segnalando o bloccando l’offensore attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma stessa.
Se ciò si dovesse rivelare insufficiente, potrai sporgere denuncia per diffamazione presso la Polizia Postale. Il termine temporale cui attenersi è pari a tre mesi, che decorrono dal momento in cui si prende visione dei post diffamatori o si viene informati dell’esistenza degli stessi.
A tal proposito, ti ricordiamo che è fondamentale rivolgersi ad un avvocato esperto in Internet che possa raccogliere tutte le prove informatiche da allegare alla querela affinché non venga rigettata l’istanza da parte del giudice, come spesso avviene, per mancanza degli elementi fondamentali.
Uno studio legale come Legal for Digital, specializzato nel diritto di internet, saprà consigliarti circa le scelte più opportune da compiere immediatamente in via stragiudiziale e non.